top of page

ARIANNA ED IL ROSA DIGITALE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Classi 3A-3B scuola primaria Rivarolo Mantovano

​

Durante la settimana del “RosaDigitale” dedicata alle donne in campo scientifico abbiamo svolto un’attività di coding dedicata ad Arianna Menciassi, professore ordinario di Bioingegneria Industriale e Robotica Biomedica alla SSSA - Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e team leader dell’area SurgicalRobotics&Allied Technologiespresso l’Istituto di BioRobotica.

Incuriositi abbiamo lavorato a gruppi cercando di ordinare la sua biografia attraverso un percorso da noi elaborato su un reticolo con mind. Una volta terminato abbiamo letto per bene la sua carriera e ci siamo fatti tante domande alle quali non abbiamo saputo rispondere, così abbiamo cercato sul sito dell’università di Pisa un contatto mail e ci siamo attivati a casa a scrivere tutte le nostre curiosità che poi sarebbero state scritte via mail dalle insegnanti nei giorni successivi.

Con nostra grande sorpresa ci ha risposto. Qui di seguito alleghiamo sia la mail che le abbiamo scritto, sia la sua risposta

-------------

Buon pomeriggio Arianna,

siamo gli alunni due classi terze di una scuola primaria di Rivarolo Mantovano (MN) che hanno partecipato alla settimana dedicata alle donne della scienza (RosaDgitale) e in particolare ci siamo soffermati sulla tua esperienza lavorativa documentandoci e realizzando un’attività a te dedicata.

Abbiamo ricostruito la storia della tua vita lavorativa con l’utilizzo di un robot (mind) eseguendola attraverso un percorso a tappe su un reticolo. Ognuno di noi ha programmato il robot (dandogli le direzioni con le frecce) facendolo arrivare nelle caselle predisposte con le frasi che poi, dopo averle riordinate, hanno composto la tua carriera. Successivamente abbiamo realizzato dei cartelloni a gruppi e incuriositi dei tuoi successi, abbiamo pensato di scriverti (con l’aiuto delle nostre insegnanti), alcune curiosità che ci sono sorte durante l’attività.

Le curiosità sono parecchie:

  • quali motivazioni ti hanno spinta a scegliere gli studi nel campo della robotica biomedica? E’stato lungo il percorso per arrivare fino a qui?

  • Abbiamo letto che lavori in Italia, ti è capitato di ricevere proposte dall’estero? Perché sei rimasta nella tua città?

  • I tuoi studi possono aiutare persone con disabilità?

  • Fin da piccola hai sempre voluto occuparti di robotica? Se hai figli, hai trasmesso a loro la tua stessa passione? A quale scienziato/a ti sei ispirata?

  • Essendo un lavoro prevalentemente maschile, hai incontrato qualche difficoltà?

  • Cos’è l’ingegneria biomedica? Di cosa ti occupi in particolare?

  • E’ stato bello il tuo primo giorno di lavoro? E’ancora così oggi?

  • Sei legata ad un tuo progetto in particolare?

Sappiamo che sei impegnata e che le nostre domande possono sembrarti un interrogatorio ma davvero ci siamo chiesti come può essere il lavoro di una ricercatrice, soprattutto siamo affascinati dal mondo tecnologico e della robotica.

Sperando ti sia piaciuta, ti salutiamo con questa breve mail facendoti i nostri migliori complimenti per quello che svolgi. Ti ringraziamo anticipatamente sia se vorrai risponderci sia se non ti sarà possibile.

 

 

Le classi terze di Rivarolo Mantovano

3A-3B

------------------------------------------------------------------------

 

Cari bambini, care insegnanti,

il vostro messaggio e le vostre immagini mi hanno fatto davvero piacere e non mancherò di rispondervi. Martedì devo andare negli Stati Uniti per lavoro e ne approfitterò per raccontarvi qualcosa, durante il viaggio, cercando di essere esaustiva.

Magari, se vi è possibile, potremmo fare anche una chiacchierata via Skype dopo Pasqua, così anche io avrò modo di sapere un po' di voi!

Buona notte, buona Scuola domani, buon tutto.

Un abbraccio,

Aria

​

​

​

Quali motivazioni ti hanno spinta a scegliere gli studi nel campo della robotica biomedica? È stato lungo il percorso per arrivare fino a qui?

Ci sono arrivata un po’ per caso. Mi sono laureata in fisica e avevo la possibilità, dopo la laurea, di intraprendere il dottorato in fisica, anche nel dipartimento in cui mi ero laureata (ho provato comunque concorsi di dottorato anche a Genova e Firenze, se non ricordo male). Contemporaneamente avevo mandato un CV alla Scuola Sant’Anna, dove un cugino mi aveva detto che si facevano studi a metà tra ingegneria e fisica. Dopo un breve colloquio con una post-Doc della Scuola Sant’Anna (era Maria Chiara Carrozza, ex ministro dell’istruzione, anche lei fisica di formazione) provai il concorso di dottorato (che al Sant’Anna si chiamava Perfezionamento) e vinsi una posizione. Scelsi l’ignoto (la bioingegneria) rispetto al noto (la fisica) e cominciai il mio percorso. All’inizio non è stato facile: i colleghi ingegneri mi sembravano più preparati di me, ma nel lungo termine le cose sono andate a posto. Non sono pentita della mia laurea in fisica. Anzi!

Eravamo tra la fine del 1995 (anno in cui mi sono laureata) e l’inizio del 1996. Nel 1999 ottenni il diploma di Perfezionamento in Bioingegneria con una tesi che trattava le problematiche di micromanipolazione di oggetti biologici. Poi un anno di assegno di ricerca, sei anni di ricercatore a tempo determinato e infine un concorso di associato che mi permise di avere una posizione stabile. Era il 2006. Nel 2014, poi, a due anni dall’abilitazione da professore ordinario, sono diventata – appunto – professore ordinario.

​​

Abbiamo letto che lavori in Italia, ti è capitato di ricevere proposte dall’estero? Perché sei rimasta nella tua città?

Sì, ho avuto diverse proposte dall’estero. Anche senza cercarle. Le più allettanti sono arrivate negli ultimi 5-6 anni: ci sono delle agenzie internazionali di “cacciatori di teste” che cercano docenti per far partire nuovi corsi, nuovi dipartimenti, nuove realtà. Ho avuto offerte in Australia, in Inghilterra, in Olanda, in Francia. Non ho mai cercato di spostarmi dall’Italia, o almeno non per adesso. L’Italia ha investito su di me e mi pare giusto provarci qua, per quello che so e per quello che posso. Anche se mi rendo conto che la ricerca da noi è molto più complicata e molto più faticosa. Ma abbiamo dell’ottimo materiale umano, sapete? I ragazzi che escono dalle nostre Scuole italiane (dall’asilo alle Scuole Superiori) hanno una preparazione che all’estero ci invidiano. Spesso i miei colleghi italiani all’estero mi implorano di avere miei studenti come loro dottorandi o laureandi!

​

​

I tuoi studi possono aiutare persone con disabilità?

Sì, certo. Io mi occupo in particolare di dispositivi avanzati per chirurgia e per impianto di organi artificiali (quando le funzioni naturali sono compromesse), ma nel mio istituto ci sono anche ricercatori che sviluppano protesi o sistemi per la neuroriabilitazione.

​

​

Fin da piccola hai sempre voluto occuparti di robotica? Se hai figli, hai trasmesso a loro la tua stessa passione? A quale scienziato/a ti sei ispirata?

No, non ero una robotica in erba. Come vi ho detto mi sono laureata in fisica e non vado d’accordo con matrici e controllo di robot. Preferisco occuparmi di aspetti più bioingegneristici e fisici. Mi sono ispirata a tanti scienziati e a tante persone che ho incontrato per la mia strada, cercando sempre di fare “tanto” e di buttare tanti ami, di non “perdere mai tempo”. Questo non significa essere frettolosi, ma tendo a “fare” e a guardare l’integrale piuttosto che la derivata (questo concetto è un po’ difficile per dei ragazzini delle elementari, ma i vostri insegnanti sapranno darvi una spiegazione).

Ho un figlio di 16 anni che ama molto la matematica e la fisica, ma che è allergico a tutto quello che faccio io! Non so se si tratti del tipico rifiuto adolescenziale, però non è interessato alle mie cose. O almeno mi dice di non esserlo. Spero però che la passione per lo studio e per il lavoro che vede in me lo faccia riflettere, in particolare quando sarà davanti alle sue scelte di vita e di impegno professionale.

​

Essendo un lavoro prevalentemente maschile, hai incontrato qualche difficoltà?

Sono stata fortunata e non ho trovato mai difficoltà tecniche. Forse le difficoltà maggiori sono state nella gestione dei tempi, della vita familiare. Conciliare un lavoro totalizzante come spesso è il mio e gli impegni del quotidiano non è stato facile e non è facile nemmeno adesso. Temo di essermi persa dei passi importanti nella crescita di mio figlio, ad esempio, e vivo sempre con qualche senso di colpa. Questo avviene in entrambi i sessi: i sensi di colpa colpiscono tutti democraticamente. Forse, però, per le donne il senso di colpa si fa sentire con maggiore insistenza.

​

 

Cos’è l’ingegneria biomedica? Di cosa ti occupi in particolare?

Domanda complicata… L’ingegneria biomedica applica i metodi dell’ingegneria a problemi biologici e medici, ed ha l’uomo e la sua salute al centro di ogni applicazione. Io mi occupo di strumenti avanzati per chirurgia, endoscopia e sostituzione di organi. Poi mi occupo anche di mirorobotica medica, nanomedicina e biomimetica, ma sempre per chirurgia e terapia minimamente invasive e focalizzate.

​

E’ stato bello il tuo primo giorno di lavoro? È ancora così oggi?

Non lo ricordo! Il primo giorno di lavoro quale è stato? Il giorno in cui ho cominciato il dottorato? Quello da ricercatore? Quello da professore? … Non ho un giorno preciso che ha distinto la vita da studente da quella da lavoratore. Ancora oggi amo quello che faccio: la scienza mi affascina sempre, ma a questo si combina la soddisfazione di vedere i miei studenti affermarsi, arrivare a un traguardo. Ricevere mail che mi dicono “Prof., ce l’ho fatta, lavoro dove volevo e so che questo è al 90% merito suo!” mi fanno capire che ai sensi di colpa di cui sopra si aggiungono queste piccole – grandi soddisfazioni. E allora sì, penso, ne è valsa la pena.

​

Sei legata ad un tuo progetto in particolare?

Per 10 anni ho collaborato a una grossa iniziativa coreana per lo sviluppo di capsule endoscopiche a locomozione attiva. È stato un momento di grossa crescita professionale e personale, dal 2000 al 2010. Molto di ciò che faccio adesso è stato maturato in quegli anni… Sono affezionata a quei temi e alle situazioni che ho vissuto in quegli anni.

 

3A-3B primaria Rivarolo Mantovano

​

IMG_20190311_102227.jpg
bottom of page