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RICORDARE PER NON DISCRIMINARE 

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Lo scorso 28 marzo noi   ragazzi di terza siamo andati in gita a Milano per visitare il Memoriale della shoah.

Il Memoriale della Shoah di Milano è nato con lo scopo di realizzare un luogo di memoria e incontro negli spazi sottostanti alla Stazione Centrale di Milano. In quest’area originariamente destinata alla movimentazione dei vagoni postali. Tra il 1943 e il 1945 questo fu il luogo in cui migliaia di ebrei e oppositori furono caricati su vagoni merci, trasportati al sovrastante piano dei binari e, una volta posizionati alla banchina di partenza, agganciati ai convogli diretti ad Auschwitz- Birkenau e altri campi di sterminio e di concentramento, o ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano. Dagli stessi binari partirono anche numerosi deportati politici, destinati al campo di concentramento di Mauthausen o ai campi italiani. Il primo convoglio di ebrei partì il 6 dicembre 1943, ed il secondo diretto ad Auschwitz-Birkenau. Soltanto 22 delle 605 persone deportate quel giorno sopravvisse. Tra di loro Liliana Segre, allora tredicenne, che benché così giovane sopravvisse all’amatissimo padre. Esso è dunque un luogo simbolo della deportazione degli ebrei e degli altri perseguitati verso i campi di concentramento e di sterminio. Ma anche luogo di memoria e di conoscenza; un centro multiuso dove ospitare incontri, dibattiti, mostre per ricordare le atrocità del passato e, soprattutto, dove creare occasioni di dialogo e di confronto fra le culture e per educare i giovani a superare le barriere linguistiche, culturali, sociali e perché la barbarie del XX secolo che vide nella Shoah il segno del massimo degrado dell’umanità, non possa ripetersi. Non solo, quindi, un luogo della memoria, come debito doveroso verso chi non è più tornato dai viaggi verso lo sterminio, ma un luogo vivo per le nuove generazioni,per chi avrà domani la responsabilità di migliorare la società e i rapporti umani.

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Una volta entrati nel binario 21 il nostro sguardo si è soffermato  oltre che sulla guida, su un muro, nel quale è incisa la grande scritta “INDIFFERENZA” quintessenza, secondo Liliana Segre, deportata da questi spazi, del motivo per il quale la Shoah è stata possibile. All’inizio, quando avevamo appena visto il muro non capivamo molto, ma subito dopo avevamo chiaro il significato, ovvero che quasi tutti rimanevano indifferenti per l’antisemitismo: le cose che accadevano agli ebrei “se le erano cercate”. Ma soprattutto rimanevano indifferenti per paura di ritorsioni e per non essere coinvolti in ulteriori problemi. La stessa domanda la si può porre a tutte quelle nazioni che non vollero rimanere coinvolte e per loro la risposta può essere legata o al fatto che non credevano che l’Olocausto fosse una realtà, oppure alla convenienza, ovvero non credevano che salvare gli ebrei fosse di alcuna utilità per lo sforzo bellico.

Noi siamo state colpite dai   vagoni merci , sui quali venivano caricati a forza i  prigionieri, fra urla, grida e latrati dei cani. Su ciascun carro, normalmente adibito al trasporto di 8 cavalli, venivano ammassate circa 80 persone donne, uomini, vecchi, bambini  che avrebbero viaggiato per giorni in condizioni disumane. I carri caricati di prigionieri e sprangati venivano posizionati su un carrello traslatore  , per finire su un ascensore montavagoni. Sollevato dal ventre della stazione, ogni vagone usciva all’aria aperta, su un binario di manovra, posizionato tra i binari 18 e 19, appena al di fuori dell’enorme tettoia della stazione. Una volta formato, il convoglio partiva “per ignota destinazione”. inoltre siamo state sbalordite dal muro dei nomi perché proiettava i nomi delle persone che si erano salvate e di quelle che non erano riusciti a sopravvivere, e le persone che sono rimaste in vita erano davvero poche.

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La visita di questo memoriale ci ha fatto capire meglio la storia di come gli uomini giudichino le persone senza avere un motivo valido. E per colpa di questi pregiudizi milioni persone sono state sterminate con crudeltà e senza pietà

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Aya el Afia

Eleonora Peraro

Ana Daria Josan

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