top of page

Diritti e diversità

       

“ Durante le ore di Attività Alternativa, al mercoledì,  abbiamo ascoltato e letto alcuni testi che ci hanno permesso di discutere e scrivere di diritti e diversità . Ci siamo resi conto che occorre vigilare sui propri diritti perché, in questo modo, possiamo dire di vigilare sui diritti di tutti. Coltivare la diversità in sé e negli altri, vivere la discussione  come strumento di convivenza è la premessa perché i diritti umani diventino cultura di tutti, un patrimonio da trattare con cura.

Qui di seguito vi proponiamo uno dei testi letti e le nostre riflessioni.”

(Hana, Anas, Reyan,

Lavina, Andrea Zou,

Matteo,  Jusuf, Japjeet)

 

 

RE 33 e i suoi 33 bottoni d’oro

Di Claudio Imprudente

 

Nel regno di Yema viveva un re altissimo che si chiamava Re33 perché sul suo lunghissimo mantello rosso erano attaccati 33 bottoni d’oro.

Governava il suo regno grazie anche all’aiuto di Sberleffo, il suo buffone di corte, che passava il tempo a cantare filastrocche e a fare boccacce.

Oltre a governare, giocare a nascondino e a perdere bottoni, Re33 amava molto cantare per i suoi sudditi. Cominciava di solito nel pomeriggio e andava avanti fino a notte fonda. Le sue canzoni piacevano a tutti, ma soprattutto a Sberleffo che lo ascoltava incantato ogni sera e poi, dopo che il re aveva finito di cantare, lo accompagnava a dormire.

Una mattina, quando il re era ancora rapito da un sonno profondo, arrivarono due ambasciatori del Sovrano dei Sovrani su due splendidi cavalli, portarono un pacco per il re e scapparono via. Re33 tutto trafelato aprì il pacco, all’interno c’erano dei pezzi di un oggetto misterioso da montare, il re mise insieme le varie parti e si ritrovò davanti un gallo che gli cantò: “Il Sovrano dei Sovrani offre un premio a Re33 e a tutti i suoi sudditi, ma solo se entro 30 giorni imparerà a governare con giustizia, altrimenti gli staccherà 30 bottoni dal mantello!!!”.

Re33 cominciò subito ad agitarsi e chiamò immediatamente Sberleffo: “Sberleffo, Sberleffoooo!!!! Cosa vuol dire “governare con giustizia”? Che difficile prova che mi ha dato il Sovrano dei Sovrani…Io voglio essere un re giusto…”.

“Ottima idea maestà” rispose Sberleffo con uno Sberleffo.

Ma il re non era affatto allegro e tranquillo….passò ore ed ore nella torre più alta del suo castello a meditare…. “Ma insomma” gridò stizzito il re: “Come farò a trattare tutti allo stesso modo? Non ho bisogno di smorfie, mio caro Buffone, ma di consigli”.

Sberleffo sorrideva, ma non diceva neanche una parola.

Dopo qualche giorno però andò dal re e gli disse: “Forza re, venite con me. Andiamo presto, facciamo in fretta che il Sovrano dei Sovrani non aspetta…!”

Così intrapresero la strada per andare a fare visita al Sovrano dei Sovrani perché lo aiutasse nella prova. Nel cosmico castello del Sovrano dei Sovrani, Re33 si sentiva come un bambino, libero dalle preoccupazioni e tremendamente curioso della vita.

Arrivato di fronte al Sovrano era emozionato e anche un po’ impaurito per quell’incontro, ma si fece forza e gli chiese: “Mio Sedutissimo Sovrano dei Sovrani, come posso fare per trattare tutti con uguaglianza e dare libertà?”. Il Sovrano, sorridendo come sempre,tirò su le mani come per fare una magia, e disse: “Non sarò io a dirti cosa è giusto o sbagliato, la risposta di cui hai bisogno, la troverai solo dentro te stesso, lì potrai scoprire il tuo mondo libero e giusto”.

 

Re33 andò via un po’ perplesso, ma si sentiva molto bene per le parole del Sovrano. “Nel mio regno” pensò il re “tutti devono essere uguali e trattati allo stesso modo”. Così Re33 decise di cominciare a creare l’uguaglianza nel suo palazzo reale.

Prese il canarino giallo che teneva in una gabbia d’argento e lo liberò fuori dalla finestra: il canarino ringraziò e sparì felice nel cielo.

Soddisfatto della decisione presa, Trentatrè afferrò il pesce rosso nella vasca di cristallo e fece altrettanto buttandolo fuori dalla finestra, ma il povero pesce cadde nel vuoto e morì.

Il re si meravigliò molto e pensò: “Peggio per lui, forse non amava la giustizia…”.

Chiamò il buffone per discutere il fatto. Sberleffo ascoltò il racconto con molta attenzione, poi gli disse: “Se amasse o no la giustizia nessuno lo può sapere e il pesce rosso non lo può dire. Ma altri che direbbero di un re così sapiente? Che della giustizia non ha capito niente…”

Trentatrè allora ci riprovò: prese le trote dalla fontana del suo giardino e le gettò nel fiume: le trote guizzarono via felici. Poi prese il merlo dalla gabbia d’oro e lo tuffò nel fiume, ma questa volta il merlo non nuotò via felice, ma annegò trascinato via dalla corrente.

“Stupido merlo” pensò Trentatrè “non amava l’uguaglianza” e chiamò di nuovo il suo buffone Sberleffo per chiedergli un aiuto.

E poi si rimise a pensare… e pensa che ti pensa, che ti pensa, che ti pensa, capì che gli uccelli hanno le ali e sono nati per volare e non possono vivere nell’acqua perché loro volano e sono nati per stare in cielo e poi capì che i pesci hanno le pinne, non possono vivere in terra perché loro respirano solo in acqua e sono felici nell’acqua, mentre sulla terra non possono respirare e muoiono, allora richiamò subito sberleffo e tutto felice gli disse quello che aveva capito!

Sberleffo sorrise e poi concluse: “Bene Maestà mia, avete capito che per trattare tutti allo stesso modo bisogna prima di tutto riconoscere che ciascuno è diverso dagli altri. La giustizia non è dare a tutti la stessa cosa, ma dare a ciascuno il suo e lasciare che ciascuno di noi viva la vita che è nato per vivere”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     INSIEME E DIVERSI

 

Re 33 era gentile e  non pensava che potesse succedere qualcosa di brutto se avesse  messo il merlo nell’ acqua. Il pesce deve avere acqua, non aria, mentre il merlo ha bisogno di aria: ogni animale ha la sua caratteristica, esattamente come noi!.

Questo re pensava sempre di fare il bene, ma a volte si fa senza pensare: quando acchiappò una trota e la mise in libertà, fuori dall’ acqua, essa morì.

 Ognuno di noi ha i propri bisogni: come gli uccelli hanno bisogno di volare in libertà, i pesci hanno bisogno di nuotare in mare.

Se noi fossimo con lo sprovveduto Re 33 ora forse saremmo nel mare e  saremmo morto come il povero merlo…

(Anas e Andrea Zou)

​

         

SE IO FOSSI UN RE, PENSEREI PRIMA DI AGIRE... ESSERE UN RE NON VUOL DIRE GOVERNARE SU TUTTI, MA  STARE NEI PANNI DEGLI ALTRI.

NOI NON POSSIAMO ESSERE  TUTTI UGUALI PERCHE’ OGNUNO HA I PROPRI SENTIMENTI E LE PROPRIE PAURE…OGNUNO HA IL DIRITTO ALLA VITA, DIRITTO AD ESPRIMERE LE PROPRIE OPINIONI.

IL MARE VIENE SPINTO DALL’ARIA E, FORSE, ANCHE IL RE HA BISOGNO DI QUALCHE SPINTA IN PIU’ PER COMPRENDERE CHE OGNI ESSERE VIVENTE HA BISOGNI DIVERSI.

SE IO FOSSI STATA IL PESCIOLINO  AVREI ESPRESSO  IL MIO DISPIACERE AL RE, SPERANDO NEL SUO ASCOLTO…

(Hana e Matteo)

​

Questo re mi sembra incapace perché non sa che alcuni animali vivono in acqua, alcuni volano e altri vivono sulla terra. Forse questo incapace re non era andato a scuola perciò non sa che gli animali non sono uguali tra loro e quindi vivono in ambienti diversi!

Credo che il Buffone, cioè il servitore del Re 33, fosse abituato a osservare gli animali perché sapeva tutto su di loro, mentre il re non sapeva niente sugli animali. Il re era anche smemorato, ma era buono e gentile, in fondo.

Dopo  che il re ebbe capito che gli animali hanno abitudini diverse, non fece più l’ errore di trattare tutti allo stesso modo.

Se io fossi l’uccellino mi sentirei felice e libero per aver ottenuto nuovamente il diritto alla libertà e quella libertà la userei bene, cioè non farei male agli altri, ma li aiuterei. Se, invece,  io fossi la trota che Re 33 aveva messo per terra, mi sentirei impaurita (stecchita) e senza il mio diritto che è la vita. A volte mi sento come la trota, cioè triste e impaurita, altre volte mi sento come l’uccello, cioè felice e allegra.

 (Lavina, Jusuf, Japjeet)

​

 

                            

Re 33 aveva deciso di dare la libertà a tutti, ma non si era accorto che

 non  tutti gli esseri viventi sono uguali, con caratteristiche uguali.

Certo, come dice la Costituzione Italiana,  tutti i cittadini, anche se diversi,  hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua , di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali . Nella mia religione , l’ Urdù, la libertà personale è inviolabile. Anche per la costituzione italiana la libertà è inviolabile.

Ma nel mio paese, il  Pakistan , là la libertà è inviolabile e non inviolabile…

All’inizio, le differenze fanno paura perché sorprendono e creano ansia:

è il momento in cui ci si studia  e si cerca di capire che intenzioni ha l’altro, ma, avvicinandosi lentamente si appianano le diversità e si impara qualcosa di nuovo.  Alla fine,  risulta chiaro che i rapporti possono essere  belli, sconosciuti e imprevedibili. Così è per noi che sempre più viviamo a fianco di persone provenienti da paesi diversi : affrontiamo questi incontri con il piacere della scoperta e della conoscenza.

Forse sarà il primo passo verso nuove amicizie.

(Reyan)

​

Re sulla carta
bottom of page