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LA DIFFICOLTA' DEL PERDONO

 

 

 

Il 6 aprile del 1994, esattamente venticinque anni fa, l’aereo che trasportava il presidente del Ruanda, Juvénal Habyarimana, e il presidente del Burundi, Cyprien Ntaryamira, entrambi di etnia hutu, fu colpito da due razzi quando era in fase di atterraggio a Kigali. Non si salvò nessuno. Poche ore dopo la situazione precipitò: quell’attentato diede infatti inizio al genocidio del Ruanda e ai massacri sanguinosi e indiscriminati che coinvolsero anche il Burundi nei confronti della minoranza dei tutsi, ritenuta responsabile dell’attentato; ma furono uccisi e perseguitati anche gli hutu considerati “moderati” o tolleranti. Nel giro di 100 giorni, dal 7 aprile alla metà di luglio del 1994, furono uccise almeno 800 mila persone, ci furono decine di migliaia di stupri e di bambini arruolati come soldati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ruanda, 6 aprile 1994. In questa data storica è avvenuto un genocidio che è durato cento giorni e che ha messo in ginocchio un’intera popolazione. Tutto è accaduto a seguito della colonizzazione dei belgi che avevano valorizzato l’etnia tutsi mettendola al potere per “tenere ordine” e per comandare il Paese. Quando i belgi se ne sono andati, gli Hutu si sono ribellati ai tutsi facendo scoppiare una guerra civile.

Questa vicenda l’abbiamo trattata inizialmente attraverso la visione del film “HOTEL RWANDA” che ci ha fatto riflettere su quanto l’idea di “razza” sia ancora presente in noi, partendo dagli avvenimenti che accadono ogni giorno e ovunque.

Il film parla della storia del direttore di un lussuoso hotel per turisti europei. Sua moglie è una tutsi e per questo lei e i suoi figli finiscono per essere nel mirino, perseguitati, e di conseguenza costretti a nascondersi. Una sera Paul Rusesabagina, questo è il nome del direttore dell’hotel, al ritorno dal lavoro si accorge che non c’è nessuno, fino a quando entra in camera da letto e trova la sua famiglia e tutti gli amici tutsi impauriti. Ma questo è solo l’inizio: infatti il giorno dopo, i soldati hutu hanno iniziato un rastrellamento dei cosiddetti “scarafaggi”, e Paul è costretto a pagare con tutti i suoi beni per liberare, evitando che vengano uccisi, la sua famiglia e tutti i suoi amici. L’hotel diventerà il rifugio di molte persone e il direttore farà di tutto per salvarle, ma l’Onu non l’aiuterà perché la sua unica priorità è salvare i “bianchi”, ovvero gli europei presenti nella struttura. Questo mostra anche l’indifferenza da parte degli Stati forti nei confronti di un piccolo Paese africano non protetto dai poteri forti. Dopo un lungo periodo di morte e sofferenza quest’incubo finalmente finisce. Nel film si nota anche come questa guerra civile abbia diviso le famiglie, impedendo loro una facile comunicazione e deportandole in numerosi casi lontano dalla casa in cui vivevano prima. Nonostante questa assurdità sia stata così disastrosa da dividere un’intera popolazione, essa è stata per diverso tempo quasi ignorata dalla politica e dalla cronaca, ed ha impiegato tempo ad arrivare all’orecchio del mondo intero. Infatti, se noi oggi abbiamo una storia chiara riguardo a ciò che è successo, è grazie alla testimonianza di chi ha vissuto quell’incubo. Come il caso di un tutsi (il quale ha scelto di rimanere in anonimato), che si è deciso, con coraggio, a raccontare la sua storia da vittima, in occasione del 25esimo anno dopo la guerra civile. Il quale sottolinea la parola “perdono”, termine che non possiede un significato preciso. Perdonare, secondo noi, significa, in un certo senso, dimenticare il torto che una certa persona ha fatto nei confronti di un altro. Questo è molto difficile, quasi impossibile soprattutto se colui da perdonare ha ucciso la tua famiglia. Il legame tra due persone di etnia opposta si è cancellato e la fiducia e l’amore che prima provavano reciprocamente si è trasformato in odio, violenza e vendetta. Tutto ciò è accaduto mentre gli Stati potenti sono rimasti indifferenti a guardare il massacro che nel frattempo si stava alimentando, divorando persone innocenti. Ma perdonare vuol dire anche rinascere, lasciare il passato alle spalle ed è solo così che una popolazione può ricrescere e ritornare unita e con una sola bandiera che rappresenti tutti.                                                                                      

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Davide Bettoni

Giulia Tonelli   

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