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ANNA FRANK E IL CONGO

E se smettessimo di ucciderci per odio e per sfruttamento?

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Anna Frank era una ragazza che da un giorno all’altro scopre di non poter più frequentare la scuola perché appartiene ad una famiglia ebrea.

Lei si nasconde insieme a sua mamma, suo papà e sua sorella Margot dietro una libreria che porta alla soffitta sopra il negozio di suo padre con un’altra famiglia, anch’essa di origine ebraica.

La compagna di lavoro di suo padre, Miep Gies li informa quotidianamente di tutte le notizie e un giorno la portavoce annuncia che l’amica di Anna, Hanneli Goslar è stata deportata con la sua famiglia. Anna ci rimane male e soffre molto.

Comincia allora a scrivere su un diario che le è stato regalato dal padre per il suo compleanno, nel quale si sfoga, rivelando le sue emozioni e le impressioni di quella vita così dura in soffitta.

Anna passa due anni in qual luogo chiuso, stretto e soffocante.

Un giorno dei soldati nazisti li scoprono e così vengono deportati nel campo di concentramento di Bergen – Belsen.

Miep Gies cerca in tutti i modi di liberarli e farli tornare indietro ma non c’è modo di corrompere i tedeschi. La famiglia Frank insieme ad altre persone viene caricata sul vagone di un treno per andare al campo di concentramento.

Molta gente è arrabbiata, triste e scoraggiata ma Anna con la sua vivacità e la sua forza di vita riesce a tirare su il morale a quelli che ne hanno bisogno.

Arrivati a destinazione suo padre mente dicendo che Anna ha 16 anni in modo che possa vivere ancora.

I minori di 16 anni infatti venivano portati nelle camere a gas direttamente perché troppo piccoli per poter lavorare; i più anziani venivano uccisi perché troppo vecchi per poter lavorare.

La ragazza non percepiva il passare del tempo.

Infatti le giornate erano sempre le stesse, le persone lavoravano duramente pregando di sopravvivere.

Un giorno riesce a parlare con la sua amica d’infanzia Hanneli Goslar.

Anna non riesce a resistere senza scrivere e chiede di poterlo fare in cambio di un pezzo di pane. La sorella di Anna, Margot sta male.

Un giorno i tedeschi scoprono che i russi stanno arrivando.

Per nascondere le tracce, i nazisti bombardano tutto e fanno uscire il gruppo del papà di Anna: Otto Heinrich Frank tornerà a casa e rimarrà in attesa di notizie della sua famiglia.

Un giorno purtroppo gli giunge la notizia che mai avrebbe voluto ricevere: le sue figlie, Anna e Margot sono morte.

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Il signor Frank diventa, così il “padre” adottivo di Hanneli, l’amica di Anna, e di sua sorella, che avevano perso i genitori nel campo. Passerà comunque il resto della vita domandandosi
perché lui non fosse morto mentre le figlie sì.

Questa storia di Anna che abbiamo affrontato vedendo un film e leggendo alcune pagine del suo diario, ci ha profondamente colpito. Come è possibile trattare esseri umani in questo modo? Come è possibile uccidere senza alcuna pietà bambini e bambine che non hanno alcuna colpa?

Purtroppo però ci siamo resi conto che il disprezzo per la vita umana, per la vita umana di qualcuno nato nella parte sbagliata del mondo, è ancora presente. E siamo noi, nati dalla parte giusta del mondo che li torturiamo e li uccidiamo. Abbiamo infatti visto un reportage delle Iene intitolato “Chi paga il prezzo della nostra tecnologia”.

Tutti noi utilizziamo cellulari, tablet, computer tutto ciò che contiene batterie senza sapere che in Congo molte persone, tra cui anche bambini, sono costretti a scendere in minuscole gallerie scavate nella terra e a rischio continuo di crollo, per ricavare il cobalto, un minerale che serve per le batterie dei nostri cellulari.

In cambio ricevono qualche soldo che non basta quasi nemmeno per nutrirsi.

Il cobalto è un materiale difficile da trovare e le persone vengono pagate in base alla quantità di materiale trovato e non in base al numero di ore lavorate.

Di solito gli uomini si occupano dell’estrazione del cobalto, mentre le donne e i BAMBINI lo trasportano al mediatore.

A volte sono caricati di 300 KG sulle spalle!

I minerali verranno poi spediti in Cina e Malesia. Questa gente viene schiavizzata da uomini più forti e potenti. E i bambini, troppo piccoli per poter lavorare e che diventano un peso per i genitori che devono scendere nelle miniere, vengono abbandonati per strada dove muoiono o, se va bene, vengono raccolti da persone che li tengono in specie di orfanatrofi e li curano come possono, dando loro un minimo di affetto.

Queste due eventi drammatici che abbiamo narrato hanno in comune il fatto che la gente sta male e muore, in un caso per odio razziale, in un altro per povertà, sfruttamento e desiderio di guadagno di pochi sulla pelle di molti.

Abbiamo capito che queste cose non vanno fatte, come sta succedendo adesso e come è già successo in passato e soprattutto che non dobbiamo rimanere indifferenti di fronte a queste atrocità ma denunciare e diffondere perché ciò non accada più.

 

 

Faggiani Lucrezia,

Bonezzi Kevin

(classe 1°A)

Tassini Lorenzo

(classe 3°B)

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